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Home Dettagli - Tesori d'Abruzzo, 23-26 giugno 2023

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il caicco blu

Evento 

Quando:
23.06.2023 - 26.06.2023
Categoria:
Programmi 2023

Descrizione

 

La chiesa di santa Maria del Lago

Dal Chronicon Casauriense sappiamo che intorno al 1050 Moscufo divenne feudo del non lontano monastero benedettino di San Clemente a Casauria e a quell'epoca si può far risalire la costruzione della chiesa.

L'interno è ricco di opere d’arte di grande rilievo come i capitelli, gli affreschi e l'ambone: quest’ultimo rappresenta una delle opere scultoree più importanti dell'arte medievale abruzzese e fu realizzato nel 1159 da Nicodemo da Guardiagrele. La struttura architettonica è molto simile a quella di altri pulpiti mentre l'apparato decorativo presenta una forte originalità ed un carattere orientale che fanno supporre una derivazione dall'arte arabo-ispanica. La zona absidale conserva tracce pittoriche del Giudizio Universale riferito alla fine del Duecento: la sua collocazione sull'abside rappresenta una novità abruzzese, perché fino ad allora tale tema veniva trattato sulla parete di controfacciata come monito e insegnamento per i fedeli che uscivano dall’edificio.

L’oratorio di san Pellegrino a Bominaco

L'oratorio di San Pellegrino e la chiesa di Santa Maria Assunta costituiscono un complesso di straordinario valore artistico legato alla storia e alla diffusione dell'ordine monastico di San Benedetto. L'espansione benedettina in Abruzzo iniziò in epoca longobarda, intorno al VII-VIII secolo per proseguire in età carolingia, nei secoli IX-XII. Di tutto il complesso oggi restano solo la chiesa e l'oratorio, due splendidi esempi di architettura romanica abruzzese, mentre sono scomparse completamente la struttura muraria ed altre costruzioni che pure dovevano far parte dell'intero organismo.

L’edificio monastico affonda le sue radici nei primi secoli del Cristianesimo, tra III e IV secolo, quando sul luogo venne sepolto il corpo di un missionario laico, San Pellegrino, che a Bominaco subì il martirio morendo trafitto dalle lance. Alcuni secoli dopo, intorno all'VIII, sulla sua tomba fu edificata, ad opera dei fedeli, una prima chiesa che venne poi trasformata in oratorio per volontà di Carlo Magno, fino a quando, nel 1263, l'abate Teodino avviò e diresse i lavori di restauro e di decorazione interna con i due splendidi plutei in pietra a separare lo spazio destinato ai fedeli da quello riservato ai catecumeni e i magnifici affreschi con episodi tratti dal Vangelo, la Deesis e uno dei più antichi calendari monastici con le personificazioni dei mesi, i segni zodiacali e le fasi lunari.

La chiesa di San Pietro ad Oratorium a Capestrano

La chiesa di San Pietro ad Oratorium sorge nell'amena vallata del Tirino circondata da una fitta vegetazione boschiva ai piedi delle basse propaggini sud-orientali del gruppo del Gran Sasso. Molto probabilmente esisteva una chiesa già nella prima metà dell'VIII secolo d.C., ma è al re longobardo Desiderio (756-774) che si devono la totale riorganizzazione e la fondazione di una badia, in un luogo strategico a controllo del fondovalle e delle vie di comunicazione, posta tra i possedimenti di San Vincenzo al Volturno e la ricca e potente abbazia di Isernia. Nell’anno 1117, papa Pasquale II consacra la chiesa, completamente ristrutturata e rinnovata, e dichiara l’indipendenza dell’abbazia dall’autorità del vescovo, condizione che verrà mantenuta fino al 1808.

All’interno è presente un ciborio duecentesco il cui architrave è abbellito da un motivo vegetale stilizzato, con un tralcio che nasce dalle fauci aperte di un drago, mentre la parte superiore - caso unico in Abruzzo - è decorata con formelle in maiolica verde e turchese; nell’abside centrale si conserva inoltre un mirabile affresco degli inizi del XII secolo, raffigurante Cristo in trono tra gli Evangelisti, al di sotto dei quali vi sono i ventiquattro Anziani dell’Apocalisse.

L’area archeologica di Alba Fucens

Su un’altura a circa mille metri di quota, nella cornice del maestoso Monte Velino, si ergono le rovine di Alba Fucens, la città più antica d’Abruzzo, fondata dai Romani nel 303 a.C., nel territorio degli Equi, a nord del lago Fucino, in un contesto ambientale e paesaggistico di grande fascino. Il nome latino deriva dalla posizione del suo abitato dal quale si poteva ammirare il sorgere del sole (l'alba) sul lago prima del suo prosciugamento avvenuto nel 1876. Abitata all’inizio da circa seimila persone, vide accrescere la sua importanza nel corso del tempo, tanto da diventare una delle colonie più prosperose dell'Impero, sempre fedele alla capitale e pronta a difenderla ed aiutarla inviando truppe numerose in caso di scontri. Alba Fucens era circondata da quasi tre chilometri di mura difensive e da quattro porte di accesso. Dopo avere partecipato alla Seconda guerra punica, inviando soldati contro Annibale, conobbe un lungo periodo di prosperità e ricchezza. La colonia, infatti, fu abbellita con numerosi edifici, tuttora in parte visibili: il foro, l’anfiteatro, la basilica, il macellum, le terme, l’acquedotto e il santuario di Ercole, una vasta area circondata da un portico, utilizzata probabilmente anche come mercato degli ovini. La struttura urbanistica riflette l’impianto romano dei cardi e dei decumani.

Con la decadenza dell’Impero anche Alba Fucens cominciò a perdere importanza fino all’occupazione dei Bizantini nel 537, durante la guerra gotica.

All’interno dell’area archeologica si conserva inoltre la splendida chiesa di San Pietro in Albe, citata per la prima volta in una bolla di papa Pasquale II, datata 1115, tra i possedimenti del vescovo dei Marsi. Le strutture confermano una datazione del complesso al XII secolo, tuttavia la presenza di frammenti di lastre decorate con motivi cristiani e di graffiti parietali altomedievali induce ad ipotizzare un utilizzo cristiano del tempio già nel VI secolo d.C.

La chiesa presenta in facciata una possente torre campanaria aperta, ai lati, da due archi a tutto sesto ricadenti su rocchi di colonne romane, e sul prospetto, da un portale datato 1526, con stipiti ed archivolto decorati da un motivo a cassettoncini e fiancheggiati da semicolonne. L'interno si presenta con un impianto di tipo basilicale a tre navate, presbiterio rialzato su una piccola cripta ed abside semicircolare: dividono le navate archi a tutto sesto su colonne di ordine corinzio provenienti dall'antica Alba Fucens e databili al II sec. d.C. Il magnifico ambone del XIII secolo è opera del maestro romano Giovanni di Guido e dell'aiuto Andrea: in esso sono incastonate le tessere di marmo e porfido a creare un effetto coloristico di vibrante luminosità. Chiude la navata centrale l'imponente iconostasi risalente alla stessa epoca dell'ambone, realizzata dal solo Andrea, le cui colonnine tortili sono state trafugate nel 1999, ma una volta ritrovate smembrate sono state oggetto di un raffinato restauro conservativo.

L’Aquila

La visita del capoluogo abruzzese ha come fulcro principale la chiesa di Collemaggio e la fontana delle 99 cannelle, entrambe da pochi anni riconsegnate alla comunità dopo il restauro seguito al terremoto del 2009.

Secondo la tradizione l'edificazione della basilica di Santa Maria di Collemaggio fu voluta dall'eremita Pietro Angeleri da Morrone, che qui fu incoronato papa il 29 agosto del 1294 con il nome di Celestino V e che vi è tuttora sepolto. Il santo monaco avrebbe ricevuto la richiesta di innalzare sul posto una chiesa in onore della Vergine Maria dalla Vergine stessa, apparsagli in una sosta sul luogo detto "Collemadio", nel 1275, mentre si recava al Concilio di Lione in Francia.
 Monumento simbolo del capoluogo abruzzese, racchiude in sé un insieme di stili diversi frutto di lunghe e differenti fasi costruttive nonché di numerosi restauri cui la struttura è stata sottoposta nel corso dei secoli. Oggi l'edificio si presenta come un'ampissima aula longitudinale divisa in tre navate con una copertura a capriate lignee a vista e una pavimentazione, disseminata di pietre tombali, che riprende il disegno policromo della facciata: questa rappresenta uno degli elementi di maggior interesse ed impatto monumentale dell'edificio sacro, mostrandosi nella sua veste quattrocentesca e sostanzialmente indenne dai successivi interventi che hanno invece coinvolto molteplici parti dell'edificio. Interamente rivestito in pietra locale bianca e rosa, abilmente incastonata in un gioco policromo e geometrico, il prospetto principale risulta suddiviso in due ordini da una cornice a mensole. Nella parte superiore spicca in posizione centrale il raffinatissimo rosone a doppio giro di colonnine e archetti trilobati.

La fontana delle 99 cannelle è costituita da novantatré mascheroni in pietra e sei cannelle singole, dalla maggior parte dei quali sgorga l'acqua. Secondo la tradizione, le cannelle rappresenterebbero i novantanove castelli che nel XIII secolo parteciparono alla fondazione dell'Aquila. Fu probabilmente eretta su progetto dell'architetto Tancredi da Pentima nel 1272, anche se alcuni studiosi ritengono invece che l'attuale aspetto della fontana risalga interamente al XV secolo. Quel che è certo è che la zona oggi detta della Rivera, corrispondente a un antico castello denominato Acquili, dal quale deriva il nome della città, costituiva all'epoca della fondazione un'area strategica per l'abbondanza di acqua e le numerose attività artigianali che vi si erano insediate.

Al Quattrocento si fa risalire il rivestimento delle pareti e lo stemma della città posto sopra la lapide. Il perimetro della fontana, che per un lato si appoggia alla cinta muraria della città, è caratterizzato dall'intreccio di masselli di pietra bianca e rosa tratta dalla vicina cava di Genzano di Sassa, presenti anche nella facciata della basilica di Santa Maria di Collemaggio e in altri monumenti dell'Aquila.

È costituita da cinque vasche poste su livelli differenti e leggermente sfalsati tra loro, sulla più alta delle quali viene immessa l'acqua tramite appositi mascheroni. Questa struttura era appositamente studiata per consentire il lavaggio del bucato che vi avvenne quotidianamente sino ai primi decenni del XX secolo. A pianta trapezoidale di notevole impatto prospettico, originariamente era costituita da un elaborato sistema simbolico astrologico ripetuto anche nelle aggiunte del 1582 ad opera di Alessandro Ciccarone.

La cattedrale di Atri

La mole della cattedrale di Santa Maria Assunta domina la piazza principale di Atri. Fondata lungo il cardo dell’antica Hatria su strutture di epoca romana, rappresenta uno dei più importanti e complessi monumenti medievali abruzzesi, frutto di una lunga vicenda costruttiva che ancora oggi appassiona gli studiosi.

L’attuale impianto a tre navate, senza transetto né abside, appare infatti come l’esito di un vasto intervento di ampliamento e rinnovamento di una chiesa più antica, esistente secondo le fonti nel 1140, avvenuto tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo.

Il nucleo orientale, che si imposta su una poderosa cisterna romana, è stato identificato con il settore più antico della fabbrica, mentre la parte occidentale corrisponde al prolungamento successivo.

Di grande effetto è il prospetto meridionale con i ricchi portali di Raimondo del Podio, che firma e data quello del 1302, vicino alla tribuna, e di Rainaldo di Atri, che realizza quello del 1305, prossimo alla facciata, e quello del 1288 in posizione intermedia. In tutti e tre i portali le lunette sono decorate da affreschi di argomento mariano, attribuite al cosiddetto “Maestro delle lunette di Atri”.

Lo slanciato campanile, iniziato intorno al 1268, ma concluso da Antonio da Lodi alla fine del Quattrocento con l’aggiunta del torrino ottagonale cuspidato, costituisce un vero e proprio prototipo per l’area del teramano.

Nello spazio voltato del coro, le pareti attorno all’altare e gli ultimi quattro pilastri sono illuminati dal ciclo di affreschi che Andrea Delitio di Lecce dei Marsi, il più importante pittore del Rinascimento abruzzese, dipinse nella seconda metà del Quattrocento.

Prezioso per la sua peculiarità è anche l’affresco duecentesco del Contrasto dei vivi e dei morti che si ammira a sinistra del coro, su due pareti contigue della prima cappella: sono raffigurati tre giovani avviati alla caccia che sul loro cammino incontrano tre scheletri, due in piedi e il terzo disteso in un sepolcro: si tratta di una delle più importanti invenzioni iconografiche del Medioevo, che ebbe origine probabilmente proprio qui ad Atri e che va ricondotta agli ambienti colti che fanno capo a Federico II di Svevia. Una grande cisterna di epoca romana, del II secolo d.C., poi trasformata in cripta, è raggiungibile attraverso il chiostro duecentesco.

PROGRAMMA
Venerdì 23 giugno
Ore 8,30: ritrovo dei partecipanti alla stazione di Torino Porta Nuova e partenza per Pescara con il treno Frecciarossa delle 9,10 in classe premium
Ore 15: all’arrivo trasferimento a Moscufo per la visita della chiesa di Santa Maria del lago; al termine trasferimento in hotel a Montesilvano
Ore 20,30: cena presso il ristorante dell’hotel

Sabato 24 giugno
Ore 9,30: partenza per Bominaco
Ore 11: visita guidata dell’oratorio di san Pellegrino
Pranzo presso il ristorante Le origini
Ore 15: trasferimento a Capestrano per la visita della chiesa di San Pietro ad Oratorium. Al termine rientro in hotel
Cena libera

Domenica 25 giugno
Ore 8,45: partenza per Alba Fucens
Ore 10,30: visita guidata del parco archeologico; al termine della visita trasferimento a L’Aquila Pranzo libero
Ore 15,30: visita guidata della chiesa di Collemaggio e della fontana delle 99 cannelle
Ore 17,30: rientro in hotel
Cena libera

Lunedì 26 giugno
Ore 9: partenza per Atri
Ore 10: visita guidata della cattedrale
Pranzo libero
Ore 14,30: trasferimento alla stazione di Pescara
Ore 16,10: partenza per Torino con il treno Frecciarossa delle 16,30 in classe premium e arrivo a Torino Porta Nuova alle 21,50
 

PER APPROFONDIMENTI VEDI:
https://abruzzoturismo.it/

QUOTA DI PARTECIPAZIONE
Base 20 paganti: 890 € a persona
Base 25 paganti: 840 € a persona
Supplemento singola: 110 €

Le iscrizioni si chiudono il 2 maggio.

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